I giornali del settore alimentare, quelli per commercianti e produttori, si strappano i capelli e spargono calde e copiose lacrime per le difficoltà in cui si trova il mercato degli oli di semi e soprattutto della margarina: un prodotto forte d’immagine e fermo sui consumi. Io invece aspetto con ansia la notizia ufficiale della sua morte.
Un prodotto inutile, borioso e invadente. Mi auguro che i consumatori la bandiscano dalla loro cucina.
Notizie di archeologia alimentare ci fanno sapere che le prime margarine risalgono al 1869, erano prodotte partendo dai grassi dei bovini e furono usate per la prima volta durante la guerra franco prussiana.
La margarina era stata inventata, ma forse è meglio dire scoperta, nove anni prima da parte di un chimico francese.
I produttori inizialmente volevano chiamarla «butirrina» visto che si proponeva inizialmente come sostituto del burro.
Come si produce e cosa c’è dentro
La margarina, dunque uno dei primi alimenti a essere prodotto industrialmente, si prepara dall’idrogenazione di grassi animali, di grassi vegetali, di grasso di balena, di oli di pesce, di grassi di scarto animali, dall’intere-sterificazione di oli vegetali.
Il trattamento industriale che subiscono queste sostanze consiste nell’aggiunta di idrogeno alle molecole di acidi grassi, che fa acquistare agli oli una consistenza burrosa.
I motivi del suo successo
Il suo successo è dovuto alla pubblicità. È stata presentata come un prodotto leggero, di origine vegetale e con proprietà antiipercolesterolemia.
In realtà il processo di idrogenazione le toglie questo merito perché gli acidi grassi perdono parzialmente la
ro caratteristica di insaturazione. L’idrogenazione viene effettuata a 110°-190°C in presenza di metalli che fungono da catalizzatori, di solito nichel e rame. Tracce di questi metalli rimangono nel prodotto finito, con effetti non chiari sull’organismo, ma sicuramente nocivi.
Per niente leggera e consigliabile
Per ottenere un prodotto stabile nel tempo le margarine vengono manipolate con diversi additivi chimici: mono e digliceridi per formare una massa omogenea tra olio e acqua che naturalmente non sono emulsionabili cioè non si fondono assieme ma tendono a rimanere distinti; leci-tine di soia per ammorbidirne la consistenza; l’acido sorbico per la conservazione, poiché essendo prodotti ad alta umidità hanno bassissima conservabilità commerciale; aromi naturali e artificiali per renderle mangiabili; coloranti per dar loro una patina simil burro. In quelle spalmabili troviamo anche i famigerati polifosfatti.
Sono state abrogate le norme che imponevano l’aggiunta di un «rivelatore» (olio di sesamo) nelle margarine, negli olii di semi e nei grassi idrogenati, allo scopo di scoprirne più rapidamente in laboratorio le eventuali frodi e sofisticazioni.
Ricordate che quella più classica per l’olio è l’aggiunta di olio di semi a quello spacciato per olio di oliva.
Qualora convinti e convinte da quanto letto finora decideste di non comprarla più per cucinare, purtroppo un po’ di margarina ve la cuccate lo stesso, se mangiate dolci e pasticceria in genere, creme e salse, panettoni, brioche, biscotti.
L’industria molto specializzata fornisce margarine con varie formulazioni: più dura, più cremosa, più spalmabile, a seconda della destinazione d’uso. Se incominciate a leggere con attenzione le etichette, di tutto quello che comprate, scoprirete come siano numerosissimi i casi del suo utilizzo al posto del burro.